F2
Rustico Filippi
Dovunque vai conteco porti il cesso

Dovunque vai conteco porti il cesso,
oi buggeressa vecchia puzzolente,
che quale-unque persona ti sta presso
si tura il naso e fugge inmantenente1.

Li dent’i•le gengìe tue ménar gresso,
ché li taseva l’alito putente;
le selle paion legna d’alcipresso
inver’ lo tuo fragor, tant’è repente2.

Ch’e’ par che s’apran mille monimenta
quand’apri il ceffo: perché non ti spolpe
o ti rinchiude, sì ch’om non ti senta3?

Però che tutto ’l mondo ti paventa
in corpo credo figlinti le volpe,
ta•lezzo n’esce fuor, sozza giomenta4.




1 Dovunque vai… inmantenente: Dovunque tu vada, porti con te (conteco: espressione ridondante, composta dalla preposizione «con» e da «teco» – dal latino tecum – che di per sé significa con te) l’odore del cesso (il cesso è metonimia; l’intero verso è inoltre iperbolico), o (oi) vecchia sudicia (buggeressa) puzzolente, in modo che (che, con valore consecutivo) qualunque persona ti stia vicino (presso) si tappa il naso e fugge immediatamente (immantenente).

2 Li dent’i… repente: I denti nelle (i•le sta per «in le»; il suono n diventa l per assimilazione; si avrebbe dunque «il le» e quindi, a seguito di scempiamento della doppia l, «i•le») tue gengive (gengìe) producono (ménar è indicativo presente; la desinenza -ar per la terza plurale è fiorentina) tartaro (gresso, francesismo) poiché (ché) li intasa (taseva; il verbo – che è al presente indicativo e va accentato sulla a – deriva da “taso”, francesismo che indica il tartaro) l’alito puzzolente (putente); i cessi (selle: indica le tavolette sulle quali ci si appoggiava per i bisogni corporali; si tratta di una metonimia) sembrano legno di cipresso (alcipresso è un legno profumato; il paragone è iperbolico) a confronto con (inver’) il tuo puzzo (fragor, dal latino fragrare, non va confuso con l’omonimo vocabolo che indica il rumore), tanto <esso> è violento (repente).

3 Ch’e’ par… non ti senta: <Al punto> che sembra che si aprano mille tombe (monimenta, dal neutro plurale latino monumenta o monimenta) quando apri la bocca (ceffo indicava propriamente il muso di un animale); perché non crepi (ti spolpe, lett. ti privi della carne) o <non> ti nascondi (rinchiude), in modo che non ti si senta (con om, dal latino homo, si costruisce la forma impersonale; cfr. il francese on) <puzzare>?

4 Però… giomenta: Poiché (Però che) tutto il mondo ti teme (paventa), credo che nel tuo corpo ci sia una tana di volpi (figlinti le volpe, lett. partoriscano le volpi: la volpe era emblema di sporcizia; nei Bestiari, tra l’altro, si diceva che allontanasse i cani sporcando la sua coda di urina), tanto (ta• sta per «tal»; davanti a parola iniziante per l si ha scempiamento) cattivo odore (lezzo) ne viene fuori, o sudicia vacca (giomenta).



Livello metrico
Sonetto con schema ABAB, ABAB; CDC, CDC. Le rime sono alternate nelle quartine; nelle terzine si ripete lo schema CDC, in modo da creare al centro del blocco di sei versi uno schema a rime incrociate (CDCCDC).

Livello lessicale, sintattico e stilistico
Il testo è costruito facendo ricorso a un lessico popolaresco e a forme tipicamente fiorentine (come il «gengíe» e il «ménar» del v. 5) o toscane (come l’«alcipresso» del v. 7), senza però disdegnare l’innesto di vocaboli di origine francese (il «gresso» del v. 5, il verbo «taseva» del v. 6). Sintatticamente il sonetto presenta un periodo per ciascuna strofa; l’invettiva si articola così in quattro momenti distinti.
La descrizione della ripugnante figura femminile si appoggia sulle proposizioni consecutive, che dipingono gli effetti spaventosi che il suo terribile odore produce su chiunque la incontri (ad es. i vv. 3-4: «che quale-unque persona ti sta presso / si tura il naso»); e sulle causali, che illustrano la ragione dei disgustosi fenomeni descritti dalle principali (come al v. 6: «ché li taseva l’alito putente»). La prima quartina comincia con una consecutiva («Ch’e’ par che s’apran mille monimenta», v. 9) che si ricollega logicamente al periodo precedente; e prorompe in un augurio di morte – o perlomeno di sparizione – attraverso un’interrogativa retorica rivolta alla vecchia.
Sintatticamente autonoma la seconda terzina, che discende dal tono della maledizione riprendendo il filo della descrizione caricaturale. Mentre la terzina precedente era violentemente spezzata a metà dai due punti del secondo verso, quest’ultima strofa appare costruita in maniera centripeta: la proposizione principale si trova al secondo verso e ciascuno dei versi esterni è occupato da una subordinata.

Livello tematico
Il genere dell’improperium in vetulam (invettiva contro una vecchia) non è certo nuovo e trova precedenti sia nella poesia latina (per esempio nelle Satire di Orazio) che in quella goliardica del Medioevo. L’innovazione di Rustico consiste nella trasposizione di questo genere in un volgare dai tratti prevalentemente fiorentini, con il guadagno di tutte le potenzialità di descrizione e di deformazione parodistica offerte da una lingua viva e quotidiana.
Interessante è il fatto che la rappresentazione della vecchia contenga pochissimi tratti visivi (solo quelli della bocca, descritti nel v. 5), e che l’insostenibile sua presenza sia sempre percepita attraverso l’olfatto. Per rendere l’idea di quanto essa possa esser ripugnante, Rustico deve valersi di alcune similitudini. Gli è necessario ricorrere a immagini iperboliche, smisurate: «e’ par che s’apran mille monimenta» (v. 9); «in corpo credo figlinti le volpe» (v. 13). In alcuni casi, rinunciando a trovare un paragone adeguato a un simile odore, il poeta sottolinea come esso sia superiore alla capacità di umana sopportazione («che quale-unque persona ti sta presso / si tura il naso e fugge inmantenente», vv. 3-4) o tale che, al confronto, ogni altro fetore sembrerà profumo («le selle paion legna d’alcipresso / inver’ lo tuo fragor», vv. 7-8). In un contesto culturale, quello fiorentino, in cui la poesia più nobile si misurava con la descrizione della bellezza femminile (fino a giungere, con Cavalcanti, ad asserirne l’ineffabilità, a denunciare l’impossibilità di comprenderla e descriverla compiutamente [E7]) Rustico raggiunge, per la sua strada, il risultato specularmente opposto: sceglie come oggetto della sua poesia il brutto, l’iperbolico, il ripugnante; e incontra anche lui, sulla strada di una poetica dell’eccesso, una sorta di ineffabilità deformata e capovolta.




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