A4
Tommaso d'Aquino
Ragione e fede cristiana
Summa contra Gentiles I, 7-8

La verità della ragione non contraddice la verità della fede cristiana (I, 7)
1. Sebbene la verità della fede cristiana, di cui si è detto, superi la capacità della ragione umana, tuttavia i principi naturali della ragione1 non possono essere contrari alla verità di fede.
2. Senza dubbio sono verissimi i principi naturalmente insiti nella ragione2, tanto che è non è possibile neanche pensare che essi siano falsi. E nemmeno è lecito pensare che sia falso ciò che crediamo per fede, e che è così evidentemente confermato da Dio. Pertanto, poiché solo il falso è contrario al vero (come appare dalle definizioni prima esaminate) non è possibile che la suddetta verità di fede possa essere contraria a quei principi che la ragione naturalmente riconosce3.
3. Inoltre, ciò che l’insegnante suscita nell’anima dell’allievo contiene la sapienza del maestro (a meno che egli non insegni con l’inganno, cosa che non è lecito dire di Dio). La conoscenza dei principi naturalmente noti ci è data da Dio, poiché Dio è l’autore della nostra natura. Pertanto la divina sapienza contiene anche questi principi4. Dunque ciò che è contrario a tali principi è contrario alla divina sapienza; dunque non può derivare da Dio5. Dunque quelle cose che si credono per fede in seguito alla rivelazione divina non possono essere contrarie alla conoscenza naturale.
4. E ancora, il nostro intelletto, di fronte a ragioni tra loro contrarie, si arresta e non può procedere alla conoscenza della verità. Dunque se Dio ci infondesse conoscenze tra loro contrastanti, ciò impedirebbe al nostro intelletto la conoscenza della verità. Ma non può essere che Dio faccia questo.6
5. E poi, le cose che derivano dalla natura non possono mutare, finché permane la natura. Ora, opinioni tra loro contrastanti non possono insieme esser presenti nel medesimo soggetto7. Dunque nessuna opinione e nessuna fede in contrasto con la conoscenza naturale viene infusa da Dio nell’uomo.
6. E perciò l’Apostolo8 dice (Lettera ai Romani, X): il verbo9 è vicino, nel tuo cuore e nella tua bocca; questo è il verbo della fede che predichiamo. Ma poiché la verità di fede supera la ragione, alcuni la considerano come contraria ad essa. Il che è impossibile10.
7. Concorda con questo anche l’autorità di Agostino, che dice: ciò che la verità manifesta non può in nessun modo essere in contrasto con i libri sacri, né col Vecchio né col Nuovo Testamento.
8. Se ne deduce evidentemente che qualsiasi argomento venga contrapposto agli insegnamenti della fede non deriva logicamente dai principi fondamentali e noti per se stessi infusi nell’uomo dalla natura. Perciò tali argomenti non hanno forza di dimostrazione, ma sono solo ragioni probabili o sofistiche11, e quindi è sempre possibile risolverle.

Rapporto tra ragione umana e verità di fede (I, 8)
9. Si deve anche notare che senza dubbio le cose sensibili, dalle quali la ragione umana deriva il principio della conoscenza12, conservano in sé qualche traccia della loro somiglianza divina13, ma così imperfetta che risultano del tutto insufficienti a manifestare la natura dello stesso Dio. Infatti gli effetti hanno in qualche misura una somiglianza con la causa, poiché ogni agente produce una cosa a sé somigliante; ma non sempre l’effetto raggiunge una perfetta somiglianza con l’agente14.
10. Dunque la ragione umana, per conoscere la verità di fede, che può essere perfettamente conosciuta solo da coloro che vedono la divina sostanza, è in condizione di raccogliere alcune analogie, che non sono però sufficienti affinché la predetta verità venga dimostrata o compresa per intuizione intellettiva15.
11. Tuttavia è utile per la mente umana esercitarsi in tali ragionamenti, benché deboli, purché non ci sia la presunzione di comprendere o di dimostrare16: infatti, come prima si è detto, procura grande gioia il potere intendere qualcosa delle realtà più elevate, anche in maniera incompleta e debole.




1 principi naturali della ragione: si tratta dei fondamentali principi della logica, tra i quali il principio di non contraddizione, che Aristotele nella Metafisica definisce così: «è impossibile che un medesimo attributo appartenga e non appartenga nello stesso tempo e sotto il medesimo riguardo a una medesima cosa» (per un approfondimento si veda l’analisi del testo). Un principio del genere, su cui si basa la logica del ragionamento umano, discende direttamente da Dio; quindi la nostra ragione è naturalmente predisposta alla ricerca della verità. Tuttavia Tommaso riconosce che la ragione umana non può rendere conto di tutti i misteri della fede.

2 insiti nella ragione: definendo questi principi «insiti» (o, più avanti, «naturalmente noti», «innati», «principi che la ragione naturalmente riconosce», «principi fondamentali e noti per se stessi infusi nell’uomo dalla natura»), Tommaso insiste sul fatto che la conoscenza di questi principi non ci deriva dall’esperienza, ma è radicata nella natura umana fin dalla nascita.

3 non è possibile… riconosce: si tratta di un’applicazione del principio di non contraddizione. Il ragionamento apparirà più chiaro nel capoverso successivo.

4 Inoltre… principi: tipico esempio di ragionamento sillogistico. Si parte da una premessa maggiore, di carattere generale («ciò che l’insegnante suscita nell’anima dell’allievo contiene la sapienza del maestro»); segue la premessa minore, («la conoscenza dei principi naturalmente noti ci è data da Dio»; cioè, rispetto a questi principi, Dio è il maestro e noi siamo gli allievi); di conseguenza, si conclude che «la divina sapienza contiene anche questi principi» (infatti questi «principi naturalmente noti» altro non sono che ciò che Dio-maestro ha suscitato negli uomini-allievi: essi contengono quindi, come afferma la premessa maggiore, la «sapienza del maestro»).

5 Dunque… Dio: altra applicazione del principio di non contraddizione. Ciò che contrasta con i «principi naturalmente noti» non può derivare da Dio, perché altrimenti Dio cadrebbe in contraddizione. Se ne deduce che la verità di fede, derivante da Dio, non può contrastare con la verità razionale, anch’essa derivante da Dio.

6 E ancora… questo: si tratta di una dimostrazione accessoria dello stesso enunciato: se Dio ci infondesse conoscenze tra loro contrarie, la nostra ragione non potrebbe procedere nella conoscenza. Ma è impossibile che Dio faccia questo.

7 E poi… soggetto: altra applicazione del principio di non contraddizione.

8 l’Apostolo: san Paolo.

9 verbo: la parola, il messaggio.

10 Ma poiché… impossibile: Tommaso riconosce l’insufficienza della ragione a penetrare tutta la verità della fede. Ma questa insufficienza non implica un contrasto: semplicemente la ragione può spingersi solo fino a un certo punto, oltre il quale deve cedere il campo alla rivelazione.

11 solo ragioni probabili o sofistiche: solo argomentazioni (ragioni) prive di necessità logica (probabili) o ingannevoli (sofistiche). Quando si contrappongono argomenti logici alle verità di fede, questi argomenti secondo Tommaso non derivano mai necessariamente dai principi fondamentali della ragione.

12 le cose… conoscenza: al di fuori dei principi fondamentali della ragione, la conoscenza avviene a partire dall’esperienza dei sensi: le cose sensibili sono appunto gli oggetti che possono essere conosciuti mediante i sensi.

13 somiglianza divina: tutte le cose create, derivando da Dio, conservano una certa somiglianza con il loro Creatore.

14 l’agente: colui che agisce come causa; in questo caso Dio, il Creatore.

15 analogie… intellettiva: in virtù della somiglianza delle cose sensibili con il loro creatore, anche la conoscenza fondata sull’esperienza può avvicinarci all’essenza divina. Ciò avviene però solo per analogia: si possono cogliere delle somiglianze tra il creato e il Creatore, ma non si può arrivare ad avere perfetta conoscenza intellettuale di quest’ultimo.

16 Tuttavia… dimostrare: per la ragione (questo il significato che assume in Tommaso il termine «mente») è utile esercitarsi nel ragionamento su Dio, a condizione che essa non abbia la presunzione di arrivare a una perfetta conoscenza.



Il pensiero di san Tommaso sul rapporto tra fede e ragione – come si può riscontrare mettendo a confronto la sua opera con testi dei secoli precedenti [A1, A2] – manifesta il mutato atteggiamento intellettuale di una società in trasformazione, che dà sempre più spazio ai valori laici e nella quale la ragione torna ad affermarsi come strumento privilegiato della conoscenza, senza per questo entrare in contrasto con i dogmi della fede cristiana. Tommaso è lontano dal disprezzo per il mondo che aveva caratterizzato molti pensatori altomedievali e che aveva trovato, pochi decenni prima, la sua formulazione nel De contemptu mundi di Innocenzo III (1160-1216); il mondo gli appare anzitutto come mirabile risultato della creazione divina, che porta in sé l’impronta del Creatore («le cose sensibili […] conservano in sé qualche traccia della loro somiglianza divina», 9). La ragione è stata infusa nell’uomo da Dio e non può, pertanto, ingannarci. È assurdo pensare che le verità razionali e le verità di fede, che hanno un’unica origine, possano essere in contrasto tra loro.
Il ragionamento di Tommaso si fonda sul pensiero di Aristotele, cioè sulla massima espressione filosofica della classicità, reinterpretato in chiave cristiana. La Summa contra gentiles, del resto, è un’opera finalizzata a convincere pagani, eretici, musulmani, ebrei della veridicità del cristianesimo: il dialogo con uomini di fede diversa non potrebbe realizzarsi senza fare appello alla comune natura umana, e in particolare ai principi della ragione innati in ogni uomo.
L’impianto logico della pagina si costruisce sul sillogismo aristotelico. Il sillogismo è un’argomentazione nella quale, partendo da due premesse, si arriva a una conclusione logicamente necessaria. Se le premesse sono vere e il sillogismo è logicamente corretto, anche le conclusioni devono necessariamente essere vere. L’esempio classico del sillogismo è:
- tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore);
- Socrate è un uomo (premessa minore);
- dunque Socrate è mortale (conclusione).
La presenza di questo tipo di argomentazione è facilmente riscontrabile nel testo. Si prenda ad esempio il capoverso 3; esso può essere così schematizzato:
- tutto ciò che l’insegnante suscita nell’anima dell’allievo contiene la sapienza del maestro (premessa maggiore);
- Dio, nostro insegnante, suscita in noi, suoi allievi, la conoscenza dei «principi naturalmente noti» (premessa minore);
- dunque la conoscenza dei «principi naturalmente noti» contiene la sapienza di Dio e non può ingannarci (conclusione).
La pagina di Tommaso fa costantemente riferimento ad alcuni principi fondamentali della logica umana, che ci vengono da Dio e che non possono mai entrare in contrasto con la fede. Questi principi, base di ogni discorso razionale, sono:
- il principio di identità: (A è A); ad esempio, «il cane (A) è cane (A)»;
- il principio di non contraddizione (A non può essere, nello stesso tempo e senso, B e non-B); «ad esempio il cane (A) non può essere, nello stesso tempo e senso, nero (B) e non nero (non-B)»;
- il principio del terzo escluso (o A è B, o A è non-B e non esiste una terza possibilità); ad esempio, o il cane (A) è nero (B), o il cane è non nero (non-B).
Il pensiero di Tommaso mira a una conciliazione perfetta tra ragione e fede: di fronte ad argomenti logici che appaiano in contrasto con la fede, egli non oppone l’autorità di quest’ultima e non proclama affatto l’inadeguatezza della ragione, ma dimostra che tali argomenti non sono logicamente corretti, o perché mancano della necessità e certezza proprie del sillogismo scientifico (si parla allora di argomentazioni «probabili») o perché sono costruiti in modo ingannevole («ragioni sofistiche»). Ciò non implica però che ogni aspetto della fede possa essere spiegato con la ragione. L’uomo non deve avere «la presunzione di comprendere o di dimostrare»; deve sapere che la ragione, addentrandosi nelle «realtà più elevate» può sì cercare di intenderle, ma solo «in maniera incompleta e debole».




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