I8
Giovanni Boccaccio
Contro le donne
Corbaccio

1. Gli studi adunque alla sacra filosofia pertinenti, infino dalla tua puerizia, più assai che il tuo padre non arebbe voluto, ti piacquero; e massimamente in quella parte che a poesia appartiene; la quale per avventura tu hai con più fervore d’animo che con altezza d’ingegno seguita. 2. Questa, non menoma tra l’altre scienzie, ti dovea parimente mostrare che cosa è amore e che cosa le femine sono, e chi tu medesimo sii e quel che a te s’appartiene. 3. Vedere adunque dovevi amore essere una passione accecatrice dell’animo, disviatrice dello ’ngegno, ingrossatrice, anzi privatrice della memoria, dissipatrice delle terrene facultà, guastatrice delle forze del corpo, nemica della giovanezza e della vecchiezza morte, genitrice de’ vizi e abitatrice de’ vacui petti; cosa senza ragione e senza ordine e senza stabilità alcuna, vizio delle menti non sane e sommergitrice della umana libertà. […]
4. Dovevanti, oltre a questo, li tuoi studi mostrare, e mostrarono, se tu l’avessi voluto vedere, che cosa le femine sono; delle quali grandissima parte si chiamano e fanno chiamare «donne», e pochissime se ne truovano. 5. La femina è animale imperfetto, passionato da mille passioni spiacevoli e abbominevoli pure a ricordarsene, non che a ragionarne: il che se gli uomini riguardassono come dovessono, non altrimenti andrebbono a loro, né con altro diletto o appetito, che all’altre naturali e inevitabili opportunità vadano; i luoghi delle quali, posto giù il superfluo peso, come con istudioso passo fuggono, così il loro fuggirebbono, quello avendo fatto per che la deficiente umana prole si ristora; sì come ancora tutti gli altri animali, in ciò molto più che gli uomini savi, fanno.
Niuno altro animale è meno netto di lei: non il porco, qualora è più nel loto convolto, aggiugne alla bruttezza di loro.











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